L’idea alla base dello studio nasce da un’osservazione fisica precisa: l’acqua assorbe alcune lunghezze d’onda della luce solare, lasciando passare soprattutto quelle comprese tra i 400 e i 600 nanometri.
Le celle a perovskite, materiali di nuova generazione per il fotovoltaico, possono essere ingegnerizzate proprio per sfruttare questa porzione dello spettro luminoso.
“Le nostre prove mostrano che, già a pochi centimetri sotto la superficie, i pannelli possono mantenere o persino migliorare le prestazioni grazie al raffreddamento naturale e all’effetto ottico dell’acqua”, spiega Jessica Barichello del CNR-ISM.
Il gruppo di ricerca sta inoltre lavorando su sistemi di incapsulamento per proteggere i dispositivi dall’ambiente marino, studiando materiali e soluzioni che evitino il rischio di dispersione di piombo e contrastino i fenomeni di biofouling.
Con un livello di maturità tecnologica TRL 4, la ricerca del CNR-ISM punta a dimostrare la fattibilità di un fotovoltaico subacqueo che possa alimentare:
- sensori e sistemi di monitoraggio ambientale;
- droni e veicoli autonomi per l’esplorazione marina;
- infrastrutture costiere sostenibili.
L’innovazione rappresenta un passo avanti verso un uso più esteso e intelligente dell’energia solare, in linea con gli obiettivi del PNRR e della transizione ecologica.
La candidatura al Premio Innovazione SMAU 2025 riconosce il valore di una ricerca che unisce competenza scientifica, sperimentazione avanzata e impatto ambientale positivo, confermando il ruolo del CNR-ISM e del progetto NEST come protagonisti nella filiera dell’energia sostenibile e dei materiali innovativi.
Maggiori info su: https://doi.org/10.1002/eem2.70069