L’origine della vita affascina filosofi e scienziati fin dagli albori dell’umanità. Come si sono sviluppate le prime molecole organiche alla base dei complessi sistemi biologici che oggi conosciamo? Se semplici molecole prebiotiche si sono formate nello spazio e hanno raggiunto la Terra a bordo di comete e meteoriti, come suggerito dalle osservazioni della missione Rosetta e dall’analisi del meteorite Murchinson, come sono sopravvissute ai raggi cosmici nei lunghi viaggi interstellari e all’inospitale ambiente primordiale sulla Terra milioni di anni fa?
Una collaborazione che ha visto coinvolti l’ISM ed il sincrotrone Elettra per la parte sperimentale e le Università Autonoma di Madrid e di Stoccolma per la modellizzazione teorica ha indagato la decomposizione del dipeptide ciclico di Alanina, uno tra i più semplici oligopeptidi di aminoacidi, esposto alla radiazione VUV presente anche nei raggi cosmici, la radiazione ionizzante diffusa nello spazio interstellare.
Questo studio, pubblicato sulla rivista J. Phys. Chem. Lett. che gli ha dedicato una copertina del numero del 5 Agosto, ha proposto un modello che svela nuovi possibili meccanismi di sopravvivenza e polimerizzazione di questi piccoli complessi di aminoacidi che, sfruttando due legami peptidici intramolecolari, presentano una semplice e robusta struttura ciclica.
Gli esperimenti di spettrometria di massa su molecole di ciclo(AlaninaAlanina) esposte a radiazione VUV monocromatica presso il sincrotrone Elettra (Trieste) hanno mostrato come l’esposizione a radiazione ionizzante provoca la rottura di vari legami intramolecolari, con conseguente frammentazione e decomposizione della molecola. Lo studio teorico e le simulazioni di dinamica molecolare hanno inoltre permesso di ipotizzare la struttura molecolare e la reattività di questi frammenti, mostrando la sorprendente potenzialità della ciclo(AlaninaAlanina) di i) ‘rinascere’, come un’araba fenice, dalla ricomposizione dei propri prodotti di decomposizione o ii) produrre una struttura ciclica, l’oxazolidinone, che può diventare il ‘seme’ per la formazione di catene peptidiche lineari più lunghe.